La storia e l’impegno del noto climatologo italiano che da decenni avverte sui rischi di un pianeta sempre più caldo
Luca Mercalli rappresenta una delle voci più autorevoli e riconoscibili nel panorama scientifico italiano quando si parla di clima e ambiente. Presidente della Società Meteorologica Italiana e divulgatore instancabile, Mercalli ha dedicato la sua vita professionale allo studio del clima con particolare attenzione alle Alpi e ai loro ghiacciai, testimoni silenziosi ma eloquenti del riscaldamento globale in corso. La sua figura incarna perfettamente la complessità del ruolo del climatologo contemporaneo, diviso tra ricerca scientifica, didattica e comunicazione pubblica di fenomeni complessi che richiedono un’interpretazione accessibile ma rigorosa. Attraverso la direzione di una rivista specializzata e le numerose apparizioni televisive, Mercalli ha cercato di portare all’attenzione del pubblico italiano l’urgenza della questione climatica, spesso incontrando resistenze e scetticismo.
Il contributo più significativo di Mercalli al dibattito pubblico consiste nella sua capacità di sfatare luoghi comuni sul clima e di tracciare una distinzione fondamentale tra i cambiamenti climatici del passato e quelli attuali. Se è vero che il clima terrestre ha sempre conosciuto variazioni, Mercalli sottolinea come i mutamenti odierni presentino caratteristiche completamente diverse per velocità, intensità e cause. Nel passato, eventi come le grandi eruzioni vulcaniche hanno determinato periodi di raffreddamento significativi. Un esempio emblematico è l’eruzione del 536 d.C., definita dagli storici come responsabile di “l’anno peggiore nel quale aver vissuto”, che insieme ad altre eruzioni successive contribuì a un drastico abbassamento delle temperature in un periodo già critico per l’Europa post-impero romano. Questo fenomeno, combinato con la diffusione della peste di Giustiniano, provocò un collasso sociale di vasta portata.
Altrettanto significativa fu l’eruzione del vulcano Samalas in Indonesia, recentemente scoperta e soprannominata la “Pompei d’Oriente”, che diede inizio a un lungo periodo di raffreddamento globale. Questo evento, rafforzato dall’espansione dei ghiacci polari e da una ridotta attività solare, inaugurò la cosiddetta Piccola Età Glaciale, durata circa sei secoli dalla metà del XIII secolo fino alla fine del XVIII. Durante questo periodo, l’Italia sperimentò condizioni climatiche eccezionalmente rigide: il Po si congelava permettendo l’attraversamento con carri, Firenze vedeva nevicate di mezzo metro o più, l’Arno ghiacciava, e persino Roma conosceva frequenti precipitazioni nevose. Paradossalmente, proprio in questo periodo l’Italia si pose all’avanguardia nella scienza meteorologica grazie alla scuola galileiana, che sviluppò strumenti fondamentali come il termometro, il pluviometro e il barometro.
La differenza sostanziale con il cambiamento climatico attuale, come evidenzia Mercalli, risiede in due fattori determinanti. Il primo è l’intensità del riscaldamento: i primi venticinque anni del XXI secolo risultano i più caldi degli ultimi millenni, come testimoniato da reperti archeologici quali la mummia di Ötzi, emersa dal ghiacciaio del Similaun nel 1991 dopo cinquemila anni di perfetta conservazione. Il secondo fattore, ancora più rilevante, è la causa di questo riscaldamento: non più fenomeni naturali, ma l’attività umana attraverso l’emissione di gas serra, iniziata con la Rivoluzione Industriale e intensificatasi esponenzialmente negli ultimi decenni. L’umanità immette nell’atmosfera circa 60 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente all’anno, portando la concentrazione atmosferica di questo gas a livelli mai registrati negli ultimi 800.000 anni, come dimostrano le analisi delle bolle d’aria intrappolate nei ghiacci polari.
Il climatologo piemontese identifica nell’estate del 2003 il momento in cui il riscaldamento globale si è manifestato in modo incontrovertibile in Italia, con temperature superiori ai 40°C nelle città della pianura padana che provocarono migliaia di decessi. Da allora, il fenomeno ha continuato ad accelerare, con il 2023 e il 2024 che si attestano come gli anni più caldi nella storia delle rilevazioni. Grazie ai sistemi satellitari come Copernicus dell’Unione Europea, sappiamo che la temperatura globale è aumentata di circa 1,5°C rispetto all’era preindustriale, un valore che Mercalli paragona efficacemente a una febbre del pianeta che ha raggiunto i 38°C, una condizione già patologica che continua a peggiorare.
Le preoccupazioni per il futuro, secondo Mercalli, sono molteplici e tutte fondate su solide evidenze scientifiche. Il caldo estremo non rappresenta solo un disagio, ma un vero e proprio pericolo per la vita umana, con temperature che in alcune aree del pianeta già sfiorano i limiti della sopravvivenza. L’aumento di energia nell’atmosfera amplifica i fenomeni meteorologici estremi, rendendo le alluvioni più frequenti e devastanti, come dimostrato dalle quattro alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna in meno di due anni. A questi effetti immediati si aggiunge la fusione dei ghiacciai, soprattutto quelli della Groenlandia, che contengono l’equivalente di sette metri di innalzamento del livello marino. L’aumento attuale di 5 mm all’anno minaccia nel lungo periodo numerose zone costiere italiane e metropoli globali, prefigurando migrazioni di centinaia di milioni di persone.
Gli scenari futuri delineati da Mercalli dipendono dalle azioni che l’umanità intraprenderà nei prossimi decenni. Lo scenario peggiore prevede un aumento di 5°C entro fine secolo, con conseguenze catastrofiche per gli ecosistemi e la civiltà umana. Esiste però anche uno scenario più favorevole: riducendo drasticamente le emissioni fino ad azzerarle entro il 2050, come previsto dall’Accordo di Parigi, potremmo limitare l’aumento a 2°C, considerato una soglia di relativa sicurezza. La finestra temporale per questa svolta è estremamente ristretta: i prossimi 10-20 anni rappresentano l’ultima occasione per evitare di imboccare la strada dei 3, 4 o 5°C di aumento, che condurrebbe a un clima pericolosamente inedito per la specie umana.
La soluzione, secondo Mercalli, esiste ed è nota da tempo: la green economy, una transizione verso energie rinnovabili, riduzione degli sprechi e fine della deforestazione. Questa trasformazione richiede un ripensamento del sistema economico globale, attualmente basato sul paradigma della crescita infinita in un pianeta dalle risorse finite. In attesa di questa difficile rivoluzione sistemica, Mercalli suggerisce azioni individuali concrete: migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni, privilegiare trasporti sostenibili limitando l’uso dell’aereo, ridurre il consumo di carne e lo spreco alimentare, preferire prodotti durevoli e riparabili contrastando la cultura dell’usa e getta. Queste misure potrebbero abbattere quasi della metà le emissioni personali, contribuendo a un futuro più sostenibile mentre si attende che la politica internazionale compia i passi necessari per affrontare quella che Mercalli considera la sfida decisiva del nostro tempo.