Un disturbo dovuto alla semplice stanchezza fino ad allergie più complesse. Ecco come riconoscerlo e trattarlo efficacemente
La sensazione pruriginosa agli occhi colpisce persone di ogni età e può presentarsi in modo occasionale o cronico, interferendo significativamente con la qualità della vita quotidiana. Il disagio provocato può variare da un lieve fastidio a un’irrefrenabile necessità di grattarsi, compromettendo la capacità di concentrazione e persino il riposo notturno nei casi più severi. Comprendere le ragioni per individuare il trattamento più appropriato ed evitare complicazioni a lungo termine che potrebbero danneggiare la superficie oculare è davvero fondamentale!
Le cause del prurito agli occhi sono molteplici e spesso correlate a fattori ambientali con cui veniamo a contatto quotidianamente. Le allergie stagionali rappresentano una delle cause più comuni, manifestandosi tipicamente in primavera e in estate quando pollini e spore sono maggiormente presenti nell’aria. In questo caso, il prurito si accompagna spesso a rossore, lacrimazione eccessiva e, talvolta, gonfiore delle palpebre. Anche l’esposizione prolungata a sostanze irritanti come fumo, smog, cloro delle piscine o prodotti chimici domestici può innescare una risposta irritativa con conseguente prurito. Non meno rilevante è la sindrome dell’occhio secco, condizione in cui la produzione lacrimale risulta insufficiente o di scarsa qualità, lasciando la superficie oculare inadeguatamente lubrificata e quindi più suscettibile a irritazioni e prurito. Questo disturbo è particolarmente frequente nelle persone che trascorrono molte ore davanti a schermi di computer o smartphone, negli ambienti con aria condizionata e nelle donne in menopausa a causa dei cambiamenti ormonali.
Le infezioni oculari costituiscono un’altra importante causa di prurito agli occhi, spesso accompagnata da sintomi più evidenti come secrezioni, rossore intenso o sensibilità alla luce. La congiuntivite, sia nella forma batterica che in quella virale, può manifestarsi con un fastidioso prurito insieme a una sensazione di corpo estraneo nell’occhio. Anche le infezioni da acari, come la blefarite demodex, possono provocare intenso prurito, soprattutto al risveglio o nelle ore serali. Non vanno dimenticate le reazioni a cosmetici, lenti a contatto o colliri, che in alcuni soggetti possono scatenare risposte allergiche o irritative con conseguente prurito. Particolarmente insidiosa è la blefarite, un’infiammazione del bordo palpebrale che provoca prurito cronico, spesso associato a sensazione di bruciore e formazione di crosticine alla base delle ciglia. Questa condizione tende a recidivare e richiede un’igiene palpebrale scrupolosa e costante per essere tenuta sotto controllo.
I sintomi che lo accompagnano possono fornire indizi preziosi sulla natura del problema sottostante. Quando il prurito si associa a lacrimazione abbondante, starnuti e congestione nasale, è probabile che si tratti di una manifestazione allergica. Se invece compare insieme a secchezza, sensazione di sabbia negli occhi e affaticamento visivo dopo l’uso prolungato di dispositivi digitali, potrebbe trattarsi di sindrome dell’occhio secco o affaticamento visivo. La presenza di secrezioni giallastre o verdastre, palpebre appiccicose al risveglio e formazione di crosticine suggerisce un’infezione batterica. Un prurito localizzato principalmente al bordo palpebrale, con arrossamento e ispessimento dello stesso, è tipico della blefarite. In alcuni casi più rari, il prurito oculare può accompagnarsi a fotofobia, visione offuscata o aloni intorno alle luci, sintomi che richiedono un’immediata valutazione oftalmologica poiché potrebbero indicare problematiche più serie come uveiti o glaucoma acuto.
Il trattamento dipende dalla causa scatenante e può richiedere approcci diversificati. Nelle forme allergiche, l’evitamento dell’allergene rappresenta la strategia primaria, accompagnata dall’uso di colliri antistaminici o stabilizzatori dei mastociti che aiutano a controllare la reazione allergica. Applicare impacchi freddi sugli occhi può alleviare temporaneamente il prurito e ridurre il gonfiore delle palpebre. Per la sindrome dell’occhio secco, invece, risultano efficaci le lacrime artificiali, da applicare regolarmente durante la giornata per mantenere adeguatamente idratata la superficie oculare. In alcuni casi più severi, possono essere necessari colliri a base di ciclosporina o inserti lacrimali che rilasciano gradualmente il lubrificante. Le infezioni batteriche richiedono generalmente l’uso di colliri antibiotici prescritti dal medico, mentre quelle virali tendono a risolversi spontaneamente nell’arco di una o due settimane, beneficiando di terapie sintomatiche come impacchi freddi e lacrime artificiali.
La prevenzione, come sempre quando si tratta di salute, è spesso determinante nella gestione del prurito oculare ricorrente. Mantenere una corretta igiene delle palpebre con detergenti specifici può prevenire o alleviare la blefarite. Evitare di toccarsi gli occhi con le mani non pulite riduce il rischio di infezioni e contaminazioni. Per chi soffre di allergie, limitare l’esposizione agli allergeni noti e considerare l’uso preventivo di farmaci antistaminici prima dell’inizio della stagione allergica può minimizzare i sintomi. Chi utilizza lenti a contatto dovrebbe rispettare scrupolosamente i tempi di sostituzione e le procedure di pulizia consigliate, oltre a preferire l’uso degli occhiali durante i periodi di maggiore irritazione oculare. Anche l’ambiente domestico e lavorativo può essere modificato per ridurre i fattori irritanti: mantenere un’adeguata umidificazione degli ambienti, fare pause regolari durante l’uso di dispositivi digitali seguendo la regola del 20-20-20 (ogni 20 minuti, guardare per 20 secondi qualcosa a 20 piedi di distanza), e utilizzare filtri per schermi che riducono l’emissione di luce blu possono contribuire significativamente al benessere oculare.
È importante sottolineare che il prurito oculare persistente o associato a sintomi preoccupanti richiede sempre una valutazione specialistica. L’automedicazione prolungata, soprattutto con colliri contenenti vasocostrittori o corticosteroidi, può mascherare problemi sottostanti o causare effetti collaterali come ipertensione oculare, cataratta o dipendenza dal farmaco. L’oftalmologo, attraverso un esame completo che può includere la valutazione della superficie oculare con coloranti vitali, test per la misurazione della produzione lacrimale o l’analisi del film lacrimale, è in grado di identificare con precisione la causa del prurito e prescrivere il trattamento più appropriato. In alcuni casi, potrebbero essere necessari esami allergologici per identificare specifici allergeni o modifiche alla terapia di malattie sistemiche che possono influenzare la salute oculare, come l’artrite reumatoide o la sindrome di Sjögren.
Sindrome di Sjögren cos’è?
Dal punto di vista epidemiologico, la sindrome di Sjögren manifesta una netta predilezione per noi donne, con un rapporto di circa 9:1, e tende a manifestarsi principalmente nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni, sebbene possa insorgere virtualmente a qualsiasi età. Questa distribuzione demografica peculiare ha stimolato l’interesse della comunità scientifica riguardo al possibile ruolo degli ormoni sessuali nella patogenesi della malattia, ipotesi supportata dall’osservazione di esacerbazioni sintomatologiche in corrispondenza di fluttuazioni ormonali significative. La condizione si presenta in due varianti principali: primaria, quando si manifesta isolatamente, e secondaria, quando si associa ad altre patologie autoimmuni come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico o la sclerodermia. Questa frequente sovrapposizione con altre condizioni autoimmuni complica ulteriormente il quadro diagnostico e terapeutico, richiedendo un approccio multidisciplinare e personalizzato nella gestione dei pazienti affetti.
Il corteo sintomatologico si articola in manifestazioni ghiandolari ed extraghiandolari, con intensità variabile da soggetto a soggetto. La xerostomia, o secchezza delle fauci, rappresenta uno dei sintomi cardinali e si traduce in difficoltà nella deglutizione, alterazioni del gusto, aumento della suscettibilità alle infezioni orali e accelerazione dei processi cariogeni. Parallelamente, la xeroftalmia, o secchezza oculare, determina una sensazione persistente di corpo estraneo, bruciore, fotosensibilità e, nei casi più gravi, potenziali lesioni corneali. Queste manifestazioni, apparentemente banali, possono compromettere significativamente attività quotidiane come parlare, mangiare o leggere, con un impatto considerevole sul benessere psicofisico dei pazienti. La secchezza può inoltre estendersi ad altre mucose, incluse quelle vaginali, nasali e cutanee, amplificando il disagio percepito e limitando ulteriormente la qualità della vita.
Le manifestazioni extraghiandolari della sindrome riflettono la natura sistemica della patologia e possono interessare virtualmente qualsiasi distretto corporeo. L’astenia rappresenta un elemento quasi ubiquitario nell’esperienza dei pazienti, presentandosi come una stanchezza profonda, non proporzionata all’attività svolta e scarsamente responsiva al riposo. Le articolazioni vengono frequentemente coinvolte con artralgie e talvolta artrite franca, particolarmente a carico delle piccole articolazioni delle mani e dei polsi. Il sistema nervoso periferico e centrale può subire alterazioni che si manifestano con neuropatie sensitive, deficit cognitivi o cefalea. Particolarmente insidiose risultano le possibili complicanze a carico dell’apparato respiratorio, con bronchioliti e polmoniti interstiziali, e renali, con nefrite interstiziale o glomerulonefrite. Significativo risulta anche l’aumentato rischio di sviluppare neoplasie linfoidi, in particolare linfomi non-Hodgkin, con un’incidenza stimata circa 40 volte superiore rispetto alla popolazione generale.
Il percorso diagnostico della sindrome di Sjögren richiede un approccio fondato sull’integrazione di elementi clinici, sierologici e istopatologici. L’anamnesi e l’esame obiettivo costituiscono il primo passo imprescindibile, seguiti da test specialistici come il test di Schirmer, che quantifica la produzione lacrimale, e la sialometria, che misura il flusso salivare. Il profilo sierologico riveste un’importanza cruciale, con particolare attenzione alla ricerca degli anticorpi anti-Ro/SSA e anti-La/SSB, considerati marcatori relativamente specifici della patologia, sebbene non universalmente presenti. La conferma diagnostica definitiva spesso richiede la biopsia delle ghiandole salivari minori, procedura che evidenzia l’infiltrazione linfocitaria caratteristica, quantificata secondo il sistema di grading di Chisholm-Mason. Gli esami di imaging, come la scintigrafia salivare o l’ecografia delle ghiandole salivari maggiori, possono fornire ulteriori elementi a supporto della diagnosi, evidenziando alterazioni strutturali e funzionali tipiche della sindrome.