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Intervista a Valentina Pelliccia

Valentina ha iniziato a scrivere romanzi all’età di 17 anni vincendo un importante premio di narrativa nazionale. Si è laureata in discipline giuridiche e ha conseguito master nell’ambito della Comunicazione.

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Valentina Pelliccia è una nota giornalista e scrittrice di Roma. Ha iniziato a scrivere romanzi all’età di 17 anni vincendo un importante Premio di narrativa nazionale. Si è laureata in discipline giuridiche, ha conseguito master nell’ambito della Comunicazione. La passione del giornalismo è subentrata dopo la laurea. È giornalista iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Ha scritto per anni per il quotidiano Il Tempo e redatto articoli anche per Harvard business review, Economy, Il messaggero, The Italian Times.

Valentina conta oltre un milione di follower sui social network.

Ciao Valentina, come hai iniziato la tua carriera nel giornalismo e cosa ti ha spinto a intraprendere questa professione?
È iniziata dopo l’università. Ho avuto modo di studiare, frequentare scuole, corsi. Ma il vero giornalismo “si fa sul campo”: devi essere predisposto, avere un debole per il senso della verità, dell’approfondimento, della corretta informazione e della giustizia. Devi essere predisposto al confronto, al dialogo con gli altri, avere voglia di approfondire minuziosamente tutto.

Puoi raccontarci di più sulla genesi del tuo romanzo “Zucchero Filato” e cosa ti ha ispirato a scriverlo a soli 18 anni?
L’ho scritto a 17 anni. Volevo essenzialmente trasmettere un messaggio di speranza.

Ho un forte senso della dignità e la difendo sempre

Hai scritto articoli su come i media influenzano la società e l’importanza dell’intelligenza emotiva nel giornalismo. Qual è la tua opinione sul ruolo dei media nella società contemporanea?
L’essenza del giornalismo è ricerca, scoperta, acquisizione di notizie, è analisi critica. La professionalità di un giornalista si esprime nella capacità di porre in condizione il cittadino-lettore di formare i suoi giudizi, creare o verificare le sue verità. Il giornalismo è storicizzazione della quotidianità. Occorre interpretare la società che cambia e i bisogni informativi emergenti, soprattutto in un periodo come quello attuale nel quale la complessità dei fatti esige una completezza di informazione. “Libertà significa capacità di porre domande, non soltanto possibilità di ricevere risposte. E non ci si può illudere che l’aumento generale delle informazioni a disposizione dell’individuo porti necessariamente ad un aumento delle sue conoscenze; sicché il rischio è forte che questa così chiamata società dell’informazione si riveli una società della disinformazione e dell’ignoranza” (“Studiare da giornalista. Teoria e pratica”, Volume 1, a cura di Gianni Faustini, Sergio Lepri e Silvano Rizza). Assistiamo ad una proliferazione dell’offerta di informazione sempre più in aumento, ma che rimane in gran parte inutilizzata; dall’altra parte, ad una domanda di informazione che cresce anch’essa, ma che rimane in buona parte insoddisfatta. “È evidente che le nuove tecnologie hanno portato a un aumento eccezionale della produzione di informazioni, senza che i produttori si siano resi conto degli effettivi bisogni del mercato. Si possono supporre le ragioni del fenomeno: la manipolazione delle fonti del messaggio, l’insufficienza dei media di mediare tra la fonte e il destinatario (scelta dei contenuti, oscurità del linguaggio, ignoranza dei meccanismi psicologici della lettura o dell’ascolto), la difficoltà del fruitore di gestire l’informazione in un tempo di fruizione che rimane limitato nell’arco della giornata”, come riportato da Sergio Lepri.

Quali sono i tuoi autori o giornalisti preferiti e come hanno influenzato il tuo stile e la tua visione?
Oriana Fallaci. Nel mio piccolo, mi rivedo in lei. Un carattere tosto, una sete di giustizia. Gli stessi valori.

Hai conseguito vari titoli di studio, tra cui un corso alla Harvard University. Con la tua vasta esperienza in vari campi, quali sono le lezioni più preziose che hai imparato e che vorresti condividere con gli altri?
Sicuramente quelle relative alla capacità di comunicare, di diffondere sana e libera informazione.

Puoi dirci qualcosa in merito alla tua attività nel settore giuridico-bancario e come si collega al tuo lavoro nel campo della comunicazione?
Mi occupo di Comunicazione nel settore bancario. Un’ottima comunicazione (e strategia di marketing) è alla base di tutto. Ti apre tutte le porte se riesci a trovare chi crede in te.

Restando sempre sul tema lavoro, quali sono le sfide che hai affrontato nel corso della tua carriera e come le hai superate? Ci racconti un aneddoto che ricordi con piacere?
Le sfide sono state tante. Sicuramente il traguardo più bello e importante è stato diventare giornalista. Un aneddoto importante? La gioia immensa quando la prestigiosa Harvard business review Italia ha accettato la pubblicazione di un mio articolo. E lì scrivono solo grandi professori universitari e menti brillanti.

Questo tipo di domanda ci piace sempre porgerla. Come vedi il ruolo di noi donne nella società odierna e cosa pensi in merito?
Ci sono ancora troppe battaglie da fare: sui nostri diritti e molto altro. Non si è ancora arrivati a un rispetto della donna e gli ultimi casi di violenza (stupro di Palermo) ne sono l’esempio. Trovo, poi, che l’uso scorretto e malato delle videocamere degli smartphone abbia amplificato tutto ciò. La gente si diverte a riprendere con il telefonino violenze, stupri… e purtroppo la tecnologia sta, in tal senso, diventando una tecnologia malata.

Sei oggettivamente molto bella, intelligente e probabilmente anche determinata nel raggiungere i risultati che ti prefiggi. Qual è un difetto che ti riconosci?
Ho un forte senso della dignità e la difendo sempre. Se qualcuno si comporta in modo scorretto con me, di sicuro non sono una che sta zitta e subisce. Ho sempre preferito un forte carattere a una pacata e falsa diplomazia.

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