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Intervista a Violante Avogadro, Chief Communication & Key Client Officer di illycaffè spa

Diventare Direttrice comunicazione a 30 anni di un marchio straniero in un paese straniero è stato il momento più gratificante della mia carriera.

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Secondo Forbes 2022, Violante è tra i Top100 manager nel settore del marketing e della comunicazione.

Tutto è cominciato a Milano, durante l’università. Violante voleva fare una tesi sul lusso e ha trovato lavoro da Donna Karan in showroom per le campagne vendita. Si innamora subito dell’universo effervescente della moda. Rapidamente le offrono di occuparsi anche del back office e questo le permette di essere in contatto con i collaboratori nel day by day, e avere molte più informazioni utili per la tesi.  Appena laureata parte per Parigi per fare un MBA e inizia a lavorare da Gucci in ufficio stampa (era l’epoca Tom Ford e Domenico de Sole), da lì non ha mai più smesso. Rimane a Parigi 20 anni, salvo 4 in cui si reca in Germania nell’HQ di Montblanc. Le piace cambiare settore, ma lo fa puntando sempre al top, per migliorare e per crescere; e illycaffè è sicuramente leader del caffè di alta qualità.

Ciao Violante, vanti un percorso lavorativo degno di nota e hai ricoperto ruoli rilevanti in grandi aziende globali, operanti nel settore del lusso e della moda. Un brand di caffè può essere cool?

Sì, un brand di caffè può esserlo. illy è un’azienda globale che comunica attraverso il mondo della gastronomia stellata e dell’arte contemporanea, oltre che della sostenibilità. Sono tutti territori che ti permettono di dare spazio alla creatività e di costruire una connessione con i più importanti eventi internazionali e tutto ciò che vi ruota intorno, come ad esempio la Biennale Arte di Venezia o Firenze, o lavorare con Chef Stellati e eventi / società internazionali come Michelin e 50 Best per la gastronomia.
Anche a livello di prodotto, realizzare preparazioni e prodotti che incontrano o anticipano le tendenze del momento è estremamente interessante.

Rimanendo in parte sul tema. La percezione è quella che illy ha saputo creare un’immagine di marca distintiva che riflette la sua eredità italiana e l’eccellenza nella produzione di caffè. Ma la qualità delle materie prime non può bastare per ottenere questa percezione, serve anche stile. Qual è lo stile di illy?

Lo stile illy è basato sulla ricerca continua dell’eccellenza, non solo delle materie prime, ma in tutto ciò che fa. illy cerca il miglioramento continuo e lo comunica attraverso tre valori fondamentali: l’impegno continuo di offrire il migliore caffè che la natura possa fornire; la creazione di qualità sostenibile e impegno sociale, economico e ambientale; un’estetica che circondi il prodotto per migliorare ulteriormente l’esperienza del caffè.  Le illy Art Collection ne sono forse l’esempio più tangibile. La tazzina bianca che negli anni è stata interpretata dai più grandi maestri di arte contemporanea che l’hanno trasformata in una piccola opera d’arte accessibile a tutti è divenuta il luogo dove si incontrano e si fondono i diversi linguaggi dell’universo illy perché chi assapora un espresso illy in una tazzina d’artista associa, nel medesimo gesto, l’esperienza tattile dell’aroma e il gusto del blend illy con l’esperienza visiva dell’arte contemporanea.

Tendenze e gusti cambiano sempre, sono in continua evoluzione, come si adatta illy a queste sfide?

Osserviamo sicuramente i trend per capire come si muove il nostro cliente di riferimento; anche nel mondo del caffè ci sono evoluzioni, modi di consumare che cambiano a seconda di paesi, stili di vita o fasce di età. Però per noi è importante mantenere un occhio attento al nostro dna. I trend vanno sempre adattati all’anima di ogni azienda, in modo che possa nascere per esempio un prodotto o un’iniziativa che sia compatibile con i gusti e le esigenze del cliente, ma anche con quello che caratterizza l’azienda stessa: il suo DNA.

Illy Caffè crede fortemente nella sostenibilità, nella responsabilità sociale e nella cultura e questo lo si evince anche dal progetto “Università del caffè”. Questa vision è esportabile anche in altre nazioni o continenti?

L’Università del Caffè è il centro di eccellenza creato da illy caffè per promuovere, supportare e divulgare nel mondo, attraverso la formazione, la cultura del caffè di qualità.

È nata nel 1999 per offrire a tutti i professionisti coinvolti nella filiera produttiva, dai coltivatori ai professionisti dell’ospitalità ai consumatori, la possibilità di crescere e migliorare. 

Per illy caffè l’Università rappresenta un importante strumento di diffusione dei principi di sostenibilità. 

La responsabilità sociale, la sostenibilità e la mission di divulgazione della cultura del caffè, che si traduce in formazione, sono da molto tempo aspetti presenti nel dna dell’azienda. Partendo dalla responsabilità sociale, abbiamo cominciato numerosi progetti nei paesi in cui produciamo caffè. Si tratta di progetti che possono coinvolgere le comunità del caffè, come per esempio accade in Etiopia, il secondo paese più povero dell’Africa, oppure le comunità del caffè di singole zone agricole, come quelli sviluppati in Costa Rica, Guatemala o Ruanda, solo per citarne alcuni. 

In Etiopia il mondo dei produttori è fatto da piccolissimi coltivatori che non hanno capacità né risorse per poter vendere ai torrefattori occidentali il raccolto delle proprie minuscole piantagioni. In collaborazione con UNIDO (United Nations Industrial Development Organization) portiamo avanti il progetto “Improving the Sustainbility and Inclusiveness of the Ethiopian Coffee Value Chain through Private and Public Partnership” che ha l’obiettivo di aumentare la qualità e la capacità di produzione di caffè e di consentire ai piccoli produttori di accrescere i propri guadagni, incoraggiando lo sviluppo economico locale. Questo è un chiaro esempio non solo di come pratichiamo la responsabilità sociale, ma anche la formazione e la volontà di rendere più sostenibile la produzione del nostro caffè.

Parliamo invece di te e torniamo un secondo sulla tua carriera. Come donna, quali sono state le sfide più impegnative che hai dovuto affrontare?

Conciliare vita famigliare e carriera, come per tutte. Ho tre figli con età ed esigenze diverse. Ogni giorno succede qualcosa, ma questo credo aiuti ad essere piu orientati alla risoluzione dei problemi anche in ufficio.  La conciliazione vita privata/lavoro significa che ogni aspetto importante della propria vita ha dei momenti in cui è al centro della scena e ha la nostra totale attenzione e dei momenti in cui è un po’ in disparte: a volte sono i figli e a volte è il lavoro in primo piano. Si tratta di capire quali sono i momenti più opportuni per dare più attenzione a uno o l’altro ambito. Ho lavorato per quasi 20 anni all’estero e in alcuni paesi è stato piu difficile, perché culturalmente le donne lavorano meno e si fermano molto piu tempo per la nascita dei figli, mi guardavano con un misto di curiosità e perplessità all’inizio.

Noi donne negli ultimi anni siamo riuscite finalmente a farci sentire e a ricoprire ruoli importanti. Tu ne sei l’esempio. Ma se analizzi i trend di ricerca e paragoni “businessman” e “businesswoman” il divario è ancora impressionante. Cosa ci manca? 

Il problema del gender gap è prima di tutto culturale e poi di opportunità. Culturale perché in paesi come il nostro, dove l’occupazione femminile è tra le più basse d’Europa, vengono offerte meno opportunità alle donne. Sarà perché ci si aspetta che diventino madri e quindi meno presenti a lavoro, sarà la cultura in cui siamo cresciuti che vede le donne ancora come subordinate agli uomini in tanti ambienti (soprattutto quello familiare). Il risultato è che le donne sono quelle che non solo rinunciano al lavoro quando hanno figli, ma sono anche quelle che, anche prima dei figli, godono di meno possibilità: nel tempo il divario uomo/donna non è cambiato, negli anni la situazione non è migliorata in Italia. Siamo sempre nelle stesse condizioni: la partecipazione femminile al lavoro è soggetta a criticità strutturali. Le donne sono quelle che lavorano prevalentemente in modo precario e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Non dobbiamo farci ingannare dal fatto che ci sono più donne di prima capi d’azienda o in posizioni di rilievo. Sono molto poche sul totale e rischiano di mettere involontariamente a tacere la questione che invece è ancora attuale e che riguarda la maggioranza dell’universo femminile, cioè che è più difficile per le donne arrivare a posizioni di rilievo. Ci mancano sicuramente anni di politiche virtuose per la famiglia, e di azioni dall’alto che aiutino a cambiare una mentalità predominante. Ci vorrà probabilmente ancora tempo affinché la situazione si modifichi in modo significativo. Ma sicuramente, volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, l’attenzione del governo alla condizione delle famiglie e l’aumento – seppur lieve – di donne in posti di comando è comunque un primo passo. Anche in questo, come in molti altri ambiti, dovremmo guardare alle nuove generazioni. Nel mondo delle startup italiane, per esempio, (secondo una recente ricerca, il report Sustainability Waves | Esg italian startup, pubblicato da Cariplo Factory, la cui notizia è pubblicata su l’Economia de 22 maggio), la maggioranza (il 60%) sono guidati da board a maggioranza femminile e il 59% ha almeno la metà dei dipendenti donne. Piccoli segni di cambiamento.

Qual è stato il momento più gratificante della tua carriera? 

Diventare Direttrice comunicazione di un marchio straniero in un paese straniero. Montblanc in Francia a meno di 30 anni.

Dal tuo osservatorio, quali sono le qualità personali e professionali che ritieni indispensabili per avere successo in una grande azienda? Una giovane mamma ha le stesse possibilità?

In generale, le caratteristiche indispensabili sono empatia, capacità di analisi dei problemi e rapidità nella presa di decisione, praticità e flessibilità.  

Una giovane mamma, soprattutto se di bimbi piccoli, ha bisogno di aiuto. Realisticamente, se non ha risorse su cui fare affidamento a casa, che siano tate, nonni o un marito che le aiuta in maniera significativa, non ha le stesse possibilità di reggere i ritmi lavorativi dei suoi colleghi senza figli e non ha neanche – e soprattutto – lo stesso spazio mentale, necessario per poter dare attenzioni a qualcosa che vada oltre quello di cui non può smettere di occuparsi, cioè i figli. Questa è la differenza di atteggiamento che ha una giovane madre rispetto ai suoi colleghi.

Chiudiamo questa intervista e prendiamoci un buon caffè. Americano o Espresso?

Crema caffè illy! E se non la conoscete dovete assolutamente assaggiarla.

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